La motivazione che mi ha indotto ad intraprendere un lavoro di revisione critica in materia di preparazione atletica dei calciatori, risiede in una necessità pratica da me avvertita, proprio nel corso della mia attività di preparatore atletico di calcio, nel momento in cui mi sono apprestato a definire un programma di lavoro secondo i canoni metodologici fino a quel momento in voga e così tramandati dal passato in base all’esperienza maturata con il tempo, e mi sono accorto del fatto che tali canoni non sono ormai attinenti alle esigenze ed alle sollecitazioni che attualmente vengono effettuate su atleti che svolgono un lavoro completamente diverso da quello previsto per i calciatori del passato e per le diverse strategie di gioco e per le modificazioni degli schemi tattici avvenuti nel tempo. In pratica, l’aspetto che maggiormente ha suscitato una situazione d’allarme nelle mie considerazioni sul lavoro da proporre agli atleti è stato l’ambito dell'allenamento mirato all'incremento della resistenza specifica, che secondo l’esperienza vissuta da allenatori quando avevano ricoperto il ruolo di calciatori veniva ottenuta attraverso lo sviluppo della potenza aerobica per mezzo di allenamenti di durata o di prove ripetute su distanze notevoli. Pertanto, ho inteso considerare, attraverso una attenta rilettura delle conoscenze finora acquisite, le metodiche di allenamento dei vari meccanismi energetici, il controllo dell’allenamento attraverso, i test codificati ed in grado di rilevare la situazione istantanea dei soggetti per quel che riguarda sia il lavoro aerobico che anaerobico, e porre a confronto tra loro due degli allenamenti a “metodica intermittente” che ho ritenuto più validi per lo sviluppo della potenza aerobica alla luce delle acquisizioni scientifiche più accreditate e più moderne.
Guardando all’orientamento attuale dell'allenamento calcistico, nell'analisi della prestazione sportiva, tra i diversi fattori che la influenzano, quello dell'impegno fisico, parametro fondamentale, ha subito nel corso degli ultimi decenni un importante mutamento d’importanza dacché si è posta molta più attenzione all'attività svolta dai calciatori durante una partita, al fine di individuare più dettagliatamente l'impegno ed il noto, discusso, quanto spesso dimenticato, modello prestativo di gioco.Proprio dall’esame di quest'ultimo, non è difficile desumere come il calciatore, nel corso d’una partita, effettui circa 195 sprint (“azioni esplosive”) della lunghezza compresa tra i10 ed i 13-15 metri (Cometti, 1995), correndo per circa il 25% del tempo totale di gioco ad oltre il 120% della propria velocità aerobica massimale.Ne deriva la necessità dell'esaltazione di due punti fondamentali per il tipo di allenamento, ovvero: Specificità e Individualità. I mezzi specifici della preparazione fisica sono rappresentati dalle diverse varianti esecutive dell'esercizio di gara. I loro obiettivi consistono dell'adattamento dell'organismo al regime di lavoro tipico delle condizioni di gara. Occorre inoltre considerare che il tipo di corsa che il calciatore deve gioco forza adottare, è fatto di un susseguirsi di fasi accelerative e decelerative, le quali comportano un costo energetico aggiuntivo e un alto costo energetico comporta l’instaurarsi del ben noto fenomeno della “ fatica ”. Ovviamente i metodi da attuare su atleti d’élite vanno differenziati da quelli sui giovani e, pertanto bisogna adoperare principi di allenamento diversi tra i quali quello della gradualità. Individualizzare, poi, i programmi significa rispettare le caratteristiche personali di sopportazione dei carichi in relazione alla struttura fisica ed al ruolo. Procedendo ad una analisi della prestazione calcistica, da uno studio sulla Match Analysis - realizzato in Francia da Di Salvo e Coll., si è reso evidente che i giocatori di calcio percorrono durante una partita mediamente tra gli 8 e i 13 km. Questa distanza è coperta con corsa di tipo intermittente. I cambi aciclici osservati nell'attività dei calciatori sono imprevedibili e includono cambi di intensità, di direzione e movimento. Inoltre, nel profilo di questa disciplina ci sono azioni direttamente relazionate al coinvolgimento nelle situazioni di gioco e che includono aspetti tecnici come calciare, dribblare, colpire di testa, oltre i duelli diretti con gli avversari (Cfr. Bangsbo et al., 2006).
Altri dati rilevati, attraverso il sistema Pro-Zone, effettuato nell'ambito di 67 gare di Champions League e Europa League, hanno messo in evidenza il numero di sprint realizzati dai calciatori di diverso ruolo durante le gare. Ed è interessante osservare, in quanto rilevato, oltre alle differenze assolute sul numero di sprint, anche le differenze tra la tipologia di sprint (esplosivi, progressivi).
Le differenze riscontrate nell'analisi dell'attività fisica di giocatori impegnati in diversi ruoli, ribadiscono l'opportunità di proposte di lavoro sempre più specifiche non solo in ambito tecnico tattico ma anche nella preparazione atletica, con metodologie in grado di accompagnare e sostenere le differenti esigenze fisiche relative ai vari ruoli.
L’atleta che conosce il fenomeno della fatica, va progressivamente verso il suo “punto di collassa mento”; la spesso sottovalutata potenza aerobica potrebbe costituire una solida base “antisismica“ in grado di spostare in avanti il punto critico al quale la fatica appare.
Ma, va, a questo punto, ribadito che la resistenza specifica (quella che consente di tollerare azioni di tipo esplosivo: scatti, salti, dribbling e tiri alla massima velocità, protratti nel tempo) è influenzata dalla resistenza generale a base aerobica e uno dei mezzi specifici della preparazione fisica per allenare la potenza aerobica è l'allenamento intermittente il quale si può sicuramente affermare che rispetti il regime di lavoro tipico delle condizioni di gara.
Le modalità “classiche” attraverso le quali strutturare una seduta di tipo intermittente sono le seguenti: Rapporto tempo di lavoro/tempo di recupero : 10’’/10’’ - 20’’/20’’ - 30’’/30’’ e relative varianti: in particolare nel calcio, vengono ritenute più attinenti alla realtà di gioco le seguenti varianti: il 15”/15” - 20”/20” - 15”/30” (Cometti, 1995). Si tratta, in pratica, di effettuare un periodo di corsa ad alta intensità, superiore alla Velocità Aerobica Massimale (VAM), seguito da un successivo periodo in cui la velocità di corsa è ridotta generalmente ad un ritmo pari a circa il 60-65% della VAM, denominata Velocità di Recupero Attivo (VRA)
I vantaggi dell’intermittente sono fondamentalmente i seguenti:
Principalmente durante la modalità di corsa intermittente, soprattutto se svolta ad alta intensità, la frequenza cardiaca aumenta in modo repentino durante la fase di sforzo intenso, né si ristabilizza durante la breve pausa di lavoro svolto a bassa intensità, raggiungendo in tal modo una sorta di plateau. Per questo motivo l’intermittente svolto ad alta intensità aumenta il VO2 Max, (che con molta verosimiglianza possiamo definire come la “cilindrata” del nostro “motore aerobico”) e quindi la potenza aerobica in modo più cospicuo di quanto non si riesca a fare con il lavoro continuo (Gorostiaga e coll., 1991).
Resta tuttavia da considerare se si tratti di un lavoro lattacido o sostanzialmente aerobico, ma questo dipende dall'intensità della VAM alla quale si lavora e, per chi volesse approfondire questi quesiti ovvero: sino a quale intensità il lavoro l’intermittente sia considerabile come essenzialmente aerobico e da quale intensità in poi sconfini nell’ambito anaerobico lattacido, mi sentirei di consigliare, il Prof. Bisciotti, che ha condotto, nel merito, un accorto lavoro di ricerca.
Un’interessante variante dell'intermittente, “L'intermittente - Forza”, è stata messa a punto dal ricercatore francese Gilles Cometti, il quale, assieme ad altri studiosi francesi è dell'opinione di utilizzare il potenziamento muscolare (vale a dire gli esercizi di forza) per aumentare e migliorare la qualità delle sollecitazioni muscolari nel lavoro intermittente stesso. I valori di frequenza cardiaca attestandosi tra l'80 e l'85% della FC Max ci indicano come questo tipo di lavoro provochi uno stimolo funzionale sufficiente all’incremento della potenza aerobica e come, a differenza di un intermittente classico alla stessa intensità, si registri una maggior produzione di lattato; ciò starebbe ad indicare un probabile maggior coinvolgimento di fibre di tipo II. Questo lavoro prevede, pertanto, l’inserimento nell’intermittente classico di esercitazioni di forza. La logica che persegue questo tipo di lavoro quindi, è quella di allenare, unitamente alle capacità di resistenza organica centrale, anche le caratteristiche di forza specifica permettendo, in tal modo, il coinvolgimento delle fibre muscolari di tipo II (ossia delle fibre a contrazione rapida), altrimenti difficile da ottenersi nel corso di un intermittente classico basato unicamente sulla corsa effettuata a diverse intensità.
Il confronto tra le due teorie riguardanti il lavoro intermittente non è scevro di interesse quanto alle ripercussioni in termini di pratica che ne possono scaturire. In linea puramente teorica si può essere propensi a sostenere maggiormente le considerazioni fatte da Cometti, con tutti i limiti che le sue proposte, comunque, dimostrano. Sicuramente i due orientamenti conducono a due idee diverse del gioco del calcio: da una parte (per Bisciotti) dovremmo definire una squadra che “macina gioco” e, quindi una squadra dal tasso tecnico molto ma molto elevato ma scarsamente brillante; dall'altra (per Cometti) una squadra molto brillante per le caratteristiche di forza dinamica sviluppate ma, forse, un po’ meno resistente.
Ma, concludendo, non è bene estremizzare i contenuti dell'allenamento. Ogni atleta fa sport secondo la propria disponibilità fisica; quindi avremo giocatori veloci, altri meno veloci ma più resistenti, e ciascuno di essi evidenzierà, durante la propria attività specifica, le proprie caratteristiche ed esprimerà un tipo di gioco adatto ad una squadra e meno adatto ad un'altra. Al primo posto, quindi, si può affermare che non si trovi la preparazione atletica ma piuttosto la “filosofia di gioco” e che da essa dipenda poi l’interpretazione futura di tutte le attività.
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